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che cosa è il lavoro per te? testi per una mostra di Uliano Lucas

Nel 1999, chiedemmo a Uliano Lucas di aiutarci a raccontare il mondo del lavoro della fine del secolo operaio. Le sue fotografie divennero una mostra, Lavoro/lavori, promossa dalla Biblioteca "Di Vittorio" Cgil Bergamo e dall'Istituto bergamasco per la storia della Resistenza e dell'età contemporanea, con il patrocinio dell'Assessorato alla Cultura del Comune di Bergamo, e inaugurata al Teatro Sociale il 10 aprile 1999.
A corredo di quelle immagini, chiedemmo ad alcune persone di raccontarci che cosa fosse il lavoro, per loro. Risposero in tanti, in alcuni casi lasciando increduli noi stessi che li avevamo solelcitati.

Qui i testi, che offrono un vocabolario di definizioni sul lavoro di grande interesse. 
Fotografie e scritti sono raccolti nel catalogo della mostra, pubblicata a Bergamo da Il filo di Arianna nel 2000

 

lucas

I LAVORI DEGLI STUDENTI PER IL GIORNO DELLA MEMORIA 2018

27 GENNAIO 2018

LA PEDAGOGIA DELLA DITTATURA. OVVERO COME SI DIVENTAVA NAZISTI E FASCISTI

Percorsi per la giornata della memoria

della Biblioteca “Di Vittorio” e di Proteo Fare Sapere di Bergamo

UN DOVERE DELLA MEMORIA NÉ RITUALE NÉ IMPOSTO

È ormai abbastanza condivisa la constatazione di quanto difficilmente si riesca, trattando il tema della Shoah in classe e organizzando iniziative nelle o per le scuole, a farne percepire agli studenti l’attualità; spesso si suscitano forti, ma passeggere, emozioni di compassione per le vittime e di esecrazione per i carnefici, forse altrettanto spesso si suscitano noia o senso di estraneità.

Come Biblioteca “Di Vittorio” della CGIL e Proteo Fare Sapere di Bergamo dal 2012 abbiamo proposto incontri con i docenti per fornire strumenti su questo tema, e dal 2016 proponiamo ai docenti e alle classi percorsi su temi connessi con la “Soluzione finale”, temi dalla forte ricaduta sul presente. Alle classi che aderiscono forniamo, all’inizio dell’anno scolastico, un repertorio di testi e di immagini, all’interno dei quali i docenti possano ricavare un proprio percorso, commisurato alle caratteristiche delle classi e ai tempi disponibili. Nei mesi successivi si susseguono incontri e contatti con gli insegnanti coinvolti e verso la fine di febbraio (per consentire un lavoro non circoscritto solo al giorno del 27 gennaio) gli studenti presentano le loro riflessioni e i loro lavori e dialogano con i relatori. Dopo aver proposto, nel 2016, il tema “Shoah, orrore irripetibile? Dallo sterminio nazista al genocidio di Srebrenica”, abbiamo proseguito nel 2017 con “I crimini nelle colonie. Un’anticipazione dei genocidi in Europa?”.

Quest’anno il tema era “La pedagogia della dittatura. Ovvero come si diventava nazisti e fascisti”. A settembre l’iniziativa è stata lanciata con un intervento dello storico Bruno Maida, dell’Università di Torino. La restituzione pubblica dei lavori si è svolta il 28 febbraio in un pomeriggio denso di interventi (con la presenza, per la prima volta di due classi terze della secondaria inferiore) e abbiamo rinunciato alla presenza di relatori esterni per lasciare spazio alle presentazioni dei ragazzi, che hanno sicuramente vissuto un’esperienza significativa, anche perché gestita in prima persona.

Si sono associati all’iniziativa, come nei due anni precedenti, l’Istituto Vittorio Emanuele II della città (che ci ha ospitati nell’Aula Magna) e la biblioteca “Giuliana Bertacchi” dello stesso Istituto.

Bergamo, giugno 2018                                                

                                                                             

Eugenia Valtulina, Biblioteca "Di Vittorio" Cgil Bergamo e Maria Laura Cornelli, Proteo Fare      Sapere           

Ci pare cosa utile indicare i testi dai quali sono state tratte le pagine proposte alle classi e i riferimenti per visionare i lavori che sono stati presentati pubblicamente il 28 febbraio.

I TESTI 

Primo Levi, I sommersi e i salvati, Torino, Einaudi, 1986

Bruno Maida, La Shoah dei bambini. La persecuzione dell’infanzia ebraica in Italia (1938-1945), Torino, Einaudi2013

Gregor Ziemer, Educazione alla morte. Come si crea un nazista,Città aperta, 2006 – Roma, Castelvecchi, 2016 

Fred Uhlman, Trilogia del ritorno, Parma, Guanda, 1989

Emilio Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, Roma-Bari,Laterza, 2002

Antonio Gibelli, Il popolo bambino. Infanzia e nazione dalla Grande Guerra a Salò, Torino, Einaudi, 2005

Gianluca Gabrielli, Educati alla guerra. Nazionalizzazione e militarizzazione dell’infanzia nella prima metà del Novecento, Verona, Ombre corte 2016

Umberto Eco, La misteriosa fiamma della regina Loana, Milano, Bompiani, 2004

Oreste Del Buono (a cura di), Eia, Eia, Eia, Alalà! La stampa italiana sotto il fascismo, Milano, Feltrinelli, 1971 

 

  Testimonianze

Angelo Del Boca, Da Mussolini a Gheddafi. Quaranta incontri, Vicenza, Neri Pozza, 2012

Un ricordo d’infanzia del futuro partigiano e studioso della storia del colonialismo italiano.

Ho visto Benito Mussolini, da vicino, in due distinte occasioni. La prima, a Novara, mia città natale, giovedì 18 maggio 1939, giorno dell'Ascensione. Mancava un anno alla nostra entrata in guerra a fianco della Germania di Hitler, ma nell’aria c’erano già molti segni da cui era facile presagire che non avremmo disatteso gli obblighi del patto d'Acciaio. Uno di questi segni era proprio il continuo viaggiare del duce in tutto il paese per preparare il necessario entusiasmo all’entrata in guerra.

Lungo le strade che Mussolini avrebbe dovuto percorrere, a bordo della sua imponente Alfa Romeo scoperta, i proprietari degli stabili erano stati costretti a ridipingere le facciate in base all'articolo 27 del Regolamento edilizio, pena una severa sanzione. Fra questi disgraziati c’era anche mio padre, che all’epoca possedeva una grande casa popolare al numero 67 di corso della Vittoria.

Avevo quattordici anni e indossavo la divisa di balilla moschettiere. Con i miei compagni e compagne eravamo schierati sui due lati di viale XX Settembre, in fondo al quale, proprio a ridosso della barriera Albertina, spiccava un enorme ritratto del duce con la scritta: «Novara è un vivaio di forze per la nuova Italia». L’attesa, di oltre due ore, sotto scrosci di pioggia, si era fatta snervante: un paio di ragazze erano svenute e ad alcuni di noi erano state somministrate bevande caloriche (spremute di limone). Ma quando l’auto di Mussolini apparve, in fondo al viale, di colpo la stanchezza si dileguò e l'entusiasmo prese il sopravvento. Cominciammo a urlare «Duce! Duce!», con quanto fiato ci rimaneva, c quando l'Alfa Romeo fu di fronte al mio plotone quasi svenni per l’emozione. Il duce era splendido nella sua divisa. Era in piedi nella macchina e si teneva aggrappato a un corrimano. Ci guardava e sorrideva, con il volto leggermente inclinato all'indietro. Mi resi conto, in quell’istante, che la medaglia del duce che portavo sul petto ritraeva alla perfezione l'uomo che era davanti a me, a non più di tre metri. Era di una virilità sorprendente, un nuovo Cesare, un nuovo Colleoni.

Poi l’Alfa Romeo svoltò a destra, passò davanti al palazzo delle Poste e, mentre entrava in piazza Vittorio Emanuele II, fu accolta da una salva di cannoni. Il nostro entusiasmo sconfinava ormai con il delirio. Era la prima volta che avvertivo un’emozione così profonda, così pungente. Adesso capivo, e condividevo, l'idolatria delle mie sorelle, che per il duce avrebbero dato la vita.

Luigi Nando Nebiolo, Bravi bambini, perché passa Mussolini

Dalla testimonianza di Luigi Nando Nebiolo (Nando), raccolta a Bergamo il 22 marzo 2000 da E. Valtulina; la testimonianza è stata integrata – per la parte sull’esperienza resistenziale – con quella raccolta a Bergamo il 1 luglio 1988 da G. Bertacchi. Nebiolo (1925), funzionario dell’Inps di Bergamo, vi fonda la Cgil, di cui si occupa attivamente fino alla pensione.

[…] Mio papà non si è mai iscritto al Pnf, ha potuto rimanere perché si è iscritto al Dopolavoro, così io sono andato due anni in colonia, durante il fascismo, a Riccione e Cesenatico, a sei e sette anni, e un anno è venuto in visita Mussolini… “Tutti bravi, bambini - ci dicevano le maestre - perché passa Mussolini!”. Quello mi è rimasto impresso, anche se ero piccolino: chi non fa il bravo non può vedere Mussolini! E ad un certo punto, tutti aggrappati alla rete metallica del giardino della colonia del Dopolavoro ferroviario a guardare l’arrivo di Mussolini, il quale Mussolini arriva con quel berretto bianco, la visiera, e tutti le maestre, i bambini a batter le mani… certo che le battevo anche io le mani, però io sapevo già chi era questo qui: era tozzo, grosso, con ‘sto testone, non mi ha fatto nessuna impressione… è passato, finito… un po’ come la Madonna Pellegrina… Al mattino, quando ci alzavamo, c’era l’alzabandiera, tutti con il saluto romano e, girati verso la Dalmazia, dovevamo cantare: “Dalmazia, Dalmazia, cosa importa se si muore…”, cioè rivendicavamo la Dalmazia… figurati… bambini di sei, sette anni… era l’estate del 1932. […]

I LAVORI DEGLI STUDENTI  PUBBLICATI SUL CANALE YOUTUBE DELLA BIBLIOTECA “DI VITTORIO”: https://www.youtube.com/channel/UCH4ayBm3hP6IU0yDgm2lXPg?view_as=subscriber

Ragazzi della 3^A della media di Comun Nuovo (IC di Zanica), con l’insegnante Mario Gianfreda: “Intervista doppia”

Ragazzi della 3^B della media di Comun Nuovo (IC di Zanica), con l’insegnante Daniela Galante: "Andare a scuola nel 1938 e nel 2018”

Studenti di 3^A e 3^Z dell’Istituto Vittorio Emanuele II di Bergamo, con le insegnanti Elisa Bertoli e Angela Schiavo: "Dalla scuola di regime alla scuola inclusiva"

Studenti della 5^S dell’Istituto Vittorio Emanuele II di Bergamo, con l’insegnante Mario Negrola: “La pedagogia vs la propaganda”

Studenti della 5^C dell’Ipssar di San Pellegrino, con l’insegnante Stefania Spiritelli: "La fascistizzazione dei giovani e il ruolo della donna"

Studenti delle 4^ e delle 5^ dell’Istituto Agrario Mario Rigoni Stern, con gli insegnanti Daniela Cialdella e Federico Redaelli: "La pedagogia del fascismo" 

Studenti della 4^T del Liceo Filippo Lussana di Bergamo, con l’insegnante Paolo Vitali: “Fascista di ieri /fascista di oggi” 

e la “Postilla” che segue:

Come si diventa(va) fascisti

La storia è sempre storia contemporanea: la conoscenza del passato è uno degli ingredienti per formare il pensiero critico, per affinare una visione non superficiale della realtà presente.

Fare memoria delle vittime della Shoah, come ci propone il calendario civile, può voler dire chiedersi come è stata possibile la macchina dello sterminio, cioè come le persone che vi hanno partecipato sono state educate, formate, preparate negli anni e nei decenni che hanno preceduto la guerra. Questo è il senso che abbiamo trovato fin dal titolo nell’iniziativa di quest’anno di Proteo-Biblioteca Di Vittorio CGIL: La pedagogia della dittatura ovvero Come si diventava nazisti e fascisti.

La classe 4T del Liceo Lussana, pur non avendo ancora trattato nel programma di storia l’argomento delle guerre del ‘900, ha deciso di dedicarsi a questo lavoro di approfondimento, partendo dalla lettura dei testi contenuti nel dossier. Interpellati dall’attualità politica e sociale italiana, abbiamo deciso di concentrarci sui testi che trattavano del fascismo; dopo un lavoro di gruppo su parole e concetti chiave, la questione è diventata individuare gli elementi caratteristici dell’educazione fascista, la loro specificità storica e le continuità nel tempo, fino a oggi. Per questo è nata l’idea della doppia intervista, per provare a mettere in evidenza la distanza e le somiglianze col Ventennio.

Con questo lavoro volevamo esprimere alcuni punti:

1) c’è una differenza fondamentale tra i due contesti. Da una parte i meccanismi di costruzione del consenso di massa di un regime totalitario: i ragazzi nati sotto il fascismo erano “immersi” in un continuo, “normale” condizionamento (e per molti fu necessaria l’esperienza della guerra e della violenza per maturare una scelta di opposizione); dall’altra una democrazia che presenta segni di debolezza e di spaesamento ma che conserva fondamentali spazi di libertà.

2) La fine della dittatura fascista e e la nascita della democrazia italiana rappresentano il passaggio centrale per l’Italia del ‘900. Ma se il totalitarismo è stato sconfitto e definitivamente riposto nella “spazzatura”  della storia, la tentazione dell’autoritarismo, purtroppo, sembra non morire mai.

Come rispondere? Ricordare cosa voleva dire concretamente la negazione della libertà sotto il regime può essere uno dei modi.

3) Anche il pregiudizio e l’odio verso i diversi sembrano un punto di continuità col passato: cambiano le forme e i contesti, ieri gli ebrei oggi gli immigrati, cambiano le ideologie, ieri la difesa della razza oggi la difesa dall’invasione dei rifugiati, ma ritroviamo oggi come allora un linguaggio fatto di stereotipi, di distorsioni e di negazione della realtà. Tanto più pericoloso quanto meno disponibile al ragionamento e al dialogo. Una sfida aperta anche per noi.

Marzo 2018

                                                                                                                                                                                                                             classe 4T, Liceo Lussana, Bergamo

Presentazione di CARTOLINE DA ROMA, di Lidia Campagnano

Presentazione di Prediche inutili di Lidia Campagnano a Bergamo,il 18 maggio, alle ore 18. Libreria Palomar

 

Ciò che scorre fra le mani di Lidia Campagnano non è solo un fluire di immagini e parole che riecheggiano piazze, vie e luoghi romani a lei cari. Cartoline da Roma (Edizioni Unicopli, pp. 111, euro 12) è una lunga, intensa lettera rivolta a Faloke, un’amica che vive nella stessa città ma con un destino diverso da quello dell’autrice del libro e al contempo destinataria baciata dalla fortuna per essere stata prescelta. Preferita, fra tutte, è Faloke; preferita è Roma, la grande e capitale città a cui questo canto in forma epistolare, nitido e con punte di poesia, è dedicato. Su di essa Lidia Campagnano tesse contraddizioni e tratti di contemplazione dotata di pura bellezza, intorno cinge con la disinvoltura dell’esperienza i tumulti di una storia, politica e sentimentale.
Il «lavoro della memoria affettiva» che la riporta a percorrere la scelta comunista, «questo riconoscersi in una necessità indicibile». Il breve inciso tra urbanità e montagna, là dove quest’ultima ha rappresentato la resistenza a tiranni e invasori; il palazzo del Grillo e poi ancora via Tasso, le Fosse Ardeatine, il Quadraro..
Lidia Campagnano, nata a Bergamo e vissuta in tanti luoghi - tra cui naturalmente Roma - , prima di arrivare a Milano, parla del suo libro con Federica Arnoldi e Eugenia Valtulina

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