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UN POSTO SICURO: proiezione in anteprima

L’attenzione della Biblioteca “Di Vittorio” alla questione dell’amianto e dei suoi devastanti effetti è consolidata; ci è sembrata quindi di grande interesse la proposta del Cinema Conca Verde di presentare a Bergamo UN POSTO SICURO, un film di FRANCESCO GHIACCIO un regista italiano che ambienta una storia d’amore sullo sfondo della sentenza al processo “Eternit” di Casale Monferrato.
L’appuntamento – che vi preghiamo di diffondere tra le vostre conoscenze e tra i delegati e le delegate – è per mercoledì 2 dicembre, alle 21, al Cinema Conca Verde di Bergamo. Ingresso ridotto per i tesserati Cgil. Saranno Presenti il regista e l’attore protagonista, Marco D’Amore.

Grazie!

Il cinema Conca Verde e la Biblioteca “Di Vittorio” vi invitano all’

Anteprima e incontro con il regista e l’attore

Francesco Ghiaccio e Marco D’Amore

Bergamo, mercoledì 2 dicembre ore 21.00, Cinema Conca Verde

UN POSTO SICURO

L'unica battaglia che non si vince è quella che si abbandona.

Una storia d’amore sullo sfondo della sentenza del processo alla fabbrica di amianto "Eternit" di Casale Monferrato.

Cinema Conca Verde in collaborazione con Biblioteca “Di Vittorio” CGIL Bergamo

mercoledì 2 dicembre ore 21.00.

Marco D’Amore (uno dei protagonisti della serie tv "Gomorra" e del film “Perez”) ospite a Bergamo, con il regista Francesco Ghiaccio per presentare:

UN POSTO SICURO

di Francesco Ghiaccio

con Marco D'Amore, Giorgio Colangeli, Matilde Gioli, Italia, 2015, 102’

Casale Monferrato, 2011, Luca  (Marco D’Amore) rivede il padre Eduardo (Giorgio Colangeli) alle prese con la malattia causata dall'esposizione all'amianto. La ricerca di riscatto di padre e figlio si estende all'intera cittadina piemontese, alla vigilia della prima grande sentenza del processo alla fabbrica di amianto "Eternit".

Il bisogno di dar voce a chi non l’ha mai avuta e l’amore per una ragazza daranno a Luca la forza per rinascere, lottare, raccontare una storia fatta di dolori e gioie quotidiane, di ricordi che tornano per farti del male o salvarti per sempre.

Marco D'Amore che ha scritto il film con Francesco Ghiaccio parla di una battaglia che può ancora essere vinta, racconta: “In calce alla prima pagina abbiamo voluto scrivere la frase delle madri di Plaza de Mayo: l'unica battaglia che non si vince è quella che si abbandona. E noi questa battaglia non l'abbandoniamo. Perché il posto sicuro del titolo sia un riparo non solo per il corpo ma anche per l'anima”

Dopo 3000 morti, più di un trentennio di convivenza con l'amianto e  la sentenza della Cassazione che ha annullato le condanne del processo al magnate svizzero Stephan Schmidheiny nel maxiprocesso Eternit, Casale Monferrato resta la città più bonificata d'Europa, ma anche quella che ha fatto pagare agli operai della sua fabbrica dei sogni il prezzo più alto.

Cinema Conca Verde mercoledì 2 dicembre

Proiezione e incontro con gli autori

Ingresso 5,50 – 5,00

(riduzione: Over 65 – studenti universitari under 26 -tesserati CGIL)

Padre Turoldo tra Resistenza e dopoguerra

Giovedì 15 ottobre 2015, ore 17.30 alla Fondazione Serughetti La Porta in viale Papa Giovanni XXIII, 30

Per il terzo incontro del ciclo La Resistenza come categoria etica, Paolo Zanini, autore del libro "David Maria Turoldo testimone del Novecento" parla dell'esperienza di Turoldo tra Resistenza e dopoguerra. "L'Uomo e lgli anni della Corisa dei Servi".
Organizzano la Fondazione Serughetti La Porta e la Biblioteca "Di Vittorio", in collaborazione con il Priorato di S. Egidio

 

La Resistenza
come categoria etica e spirituale
David Maria Turoldo

Dopo quarant'anni...
1945-1985. E oltre la stanchezza di molti, e quasi – per altri – il disagio e la vergogna a ricordare. E non rara malvagità di giudizi. E giovani, soprattutto giovani, generazioni senza memoria. «Dopo quarant'anni di solitudine e deserto», ecco il titolo che ero tentato di premettere alla presente piccola raccolta.
Perché un così alto richiamo per una tanto umile testimonianza, dedicata al quarantesimo
anniversario di quella che avrebbe dovuto essere liberazione dell'Italia dal fascismo e dal nazismo? e da ogni violenza e umiliazione e miseria.
Sì, insieme al mio fratello di convento, Camillo de Piaz, ho fatto la Resistenza: con molti giovani cattolici, e comunisti, e socialisti, e del Partito d'Azione, e altri; con Curiel e Gillo Pontecorvo, e Teresio Olivelli, quello della «Preghiera del Ribelle»; e con Mario Apollonio e amici dell'Università Cattolica, e altri ancora. Sì, in molti avevamo lottato e sperato insieme.
Sperato in che cosa: in simili risultati? No! Ed è inutile che mi attardi a dire le ragioni di questa profonda delusione. Lo sanno tutti gli anziani, i sopravvissuti, se appena ne hanno conservato un'illuminata memoria. Lo possono sapere anche i giovani, se appena ne vogliano prendere coscienza (basterebbe che leggessero, o rileggessero, le «Lettere dei condannati a morte dell'Italia e dell'Europa»); se appena vogliano accertarsi di persona sulla realtà di quei giorni e di quegli anni che parevano un terribile vulcano in eruzione, in maledetta eruzione di fuoco e cenere e sassi; centinaia di vulcani esplosi dal cuore della terra: meglio, esplosi da oscurità insondabili nel cuore della Follia; quali possono esplodere di nuovo da un momento all'altro, e più incontenibili ancora, più deliranti. Tempi segnati da furori di morte. E anzi, neppure di morte, ma di «oltre-morte».
E allora: da chi e da che cosa ci siamo liberati? Sono stati veramente vinti e «sepolti in mare cavalli e cavalieri» del Faraone? O piuttosto, non si è abbattuto un Faraone e assistito alla comparsa di altri Faraoni? Oh, quanti fascismi, e nazismi, e razzismi ancora! Già: il fascismo non è un'ideologia appena, il fascismo è un sesso!
Dicevo del perché del richiamo: «Dopo quarant'anni...», di questo riferimento preciso, per chi non lo sapesse, al primo Esodo; all'Esodo di Israele in lotta contro il Faraone per liberarsi dalla schiavitù egiziana: il primo grande evento che definisce la stessa storia dell'umanità quale storia di una continua liberazione.
Perché a liberarci non sono gli uomini e le ideologie. Se è un uomo a liberarmi, io sarò schiavo di quell'uomo. Per questo nella Bibbia è detto che non è Mosè che libera: nel caso, tu saresti schiavo di Mosè.
La liberazione è molto più misteriosa e radicale, tanto da travolgere e superare ogni ideologia. Ogni ideologia, per quanto rivoluzionaria, una volta arrivata al potere sarà sempre una forza conservatrice: se non altro, per conservare il potere che ha conquistato. È così anche per il cristianesimo, qualora lo si riduca a ideologia. La libertà trascende tutti i miti. Ed è la ragione per cui la libertà è molto rara, e costosa, e difficile. Perciò gli stessi ebrei nel deserto, a volte, rimpiangevano la loro schiavitù...
E dunque, perché questo richiamo?
Perché il Faraone non è stato vinto. Perché ne sono succeduti altri, ugualmente oppressori e schiavisti.
Perché non avrei mai immaginato, dopo tante speranze, che ci saremmo ritrovati in queste
condizioni: provate solo a pensare a questa Europa. (Senza pensare, non dico agli stati dell'Est, cui pensiamo da sempre – per fortuna –; ma, nel contempo, pensare agli stati dell'America Latina e a molti stati del Terzo Mondo: almeno tentare di pensare, pensare a intervalli almeno!)
Perché ho imparato sulla pelle che la liberazione è sempre un miraggio, e che raramente è una realtà; o meglio, un miraggio da realizzare tutti i giorni.
Perché ho imparato che ogni uomo – e tanto più un cristiano - deve ritenersi sempre un
«resistente»: uno nel deserto, appunto.
Perché la Terra Promessa è sempre da raggiungere; come il «Regno» ha sempre da venire; e Cristo è per definizione «posto a segno di contraddizione tra le genti». Perciò la Resistenza fa corpo con lo stesso essere cristiano.
Ho scritto un giorno: «Beati coloro che hanno fame e sete di opposizione»; oggi aggiungerei: «Beato colui che sa resistere».

da: Ritorniamo ai giorni del rischio. Maledetto colui che non spera” Servitium, Sotto Il Monte, 1985 (n.e. 2013)

 

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