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Sanità

Infermiere, un ruolo sottovalutato - Un'altra carenza che penalizza il sistema sanitario


infermiera-ridred L'esperienza del Covid dovrebbe aver fatto capire a tutti, o quantomeno a tutti quelli che vogliono capire, che il Servizio sanitario nazionale ha bisogno di profondi cambiamenti. Non solo cambiamenti quantitativi (più personale), ma anche qualitativi, cioè nell'organizzazione dei servizi, rafforzando quelli che si sono rivelati dei punti deboli e cioè la medicina territoriale e la prevenzione. Ma non c'è solo l'esperienza del Covid a richiedere cambiamenti, c'è anche la consapevolezza che con l'aumento della vita media aumentano anche cronicità e non autosufficienza.

red L'Europa, con il Pnrr, ci ha indicato con precisione la strada, anche contribuendo sostanziosamente alle spese: ospedali di comunità, case di comunità, assistenza domiciliare, telemedicina.

red Questi cambiamenti necessari richiedono più personale, sia medico che, soprattutto, infermieristico.
Ma com'è la situazione? È ben nota la carenza di medici e le sue gravi conseguenze. Siamo invece meno informati sulla, ancora più grave, mancanza di infermieri.

red Ad oggi, nella nostra provincia, ci sono 5.395 medici iscritti all'Ordine; poiché gli assistiti dal Servizio sanitario nazionale sono, nella Bergamasca, 1.123.509, ci sono 208 assistiti per ogni medico (pari ad un indice del 4,8 per 1.000 abitanti). Meglio dell'indice nazionale che è il 4,24 per mille e appena sopra la media europea che è il 4,16 per mille. Ma in Europa il nostro Paese non è messo benissimo, perché siamo al 15° posto: la Grecia ha un indice del 6,6, il Portogallo del 5,7, l'Austria del 5,4 e via scendendo.

red Il quadro della situazione infermieristica è più preoccupante. La media europea è di 7,5 infermiere/i ogni 1.000 abitanti; l'Italia è al 21° posto con 6,53 infermiere/i ogni 1.000 abitanti, agli ultimi posti in compagnia di Polonia, Ungheria, Cipro, Bulgaria. Bergamo con i suoi 7.045 infermiere/i iscritti all'Ordine ha un indice del 6,27 ogni mille abitanti, quindi inferiore anche alla media italiana.

red I 5.395 medici e i 7.045 infermieri/e iscritti all'Ordine costituiscono un insieme molto differenziato. Una parte dei medici opera come dipendente nel servizio pubblico (circa 1.400) o in convenzione (medici di medicina generale e pediatri: poco più di 800); la parte rimanente o lavora come dipendente nell'ospedalità privata o in libera professione, quota crescente, anche con la variante dei "gettonisti". Per quanto riguarda il personale infermieristico, oltre la metà è alle dipendenze del servizio pubblico; il resto è nella sanità privata (cliniche e assistenza domiciliare) e nel sociosanitario (Rsa). Non si è molto affermato il modello cooperativistico e ora c'è chi propone la figura libero professionale anche per l'infermieristica.

red Forse, più che i numeri, parlano le esperienze quotidiane: ospedali, ambulatori, Rsa sono in grande difficoltà. I corsi di infermieristica non riescono a diplomare personale sufficiente a coprire il turnover. Come nel caso dei medici, anche per il personale infermieristico si rileva un'età molto elevata, il che significa che nei prossimi anni il problema sarà ancora più grave. Infatti anche per il fattore età l'Italia non brilla in Europa: con il 54% di medici con più di 55 anni di età l'Italia è al 1° posto, insieme alla Bulgaria; per il personale infermieristico - con il 24% di infermieri, ma soprattutto infermiere, con più di 55 anni di età - è al 9° posto.

red Perché diminuiscono gli aspiranti alla professione infermieristica? La risposta è risaputa: basse retribuzioni e soprattutto turni di lavoro pesanti, sia come orari che per il contatto quotidiano con la sofferenza. Infatti non calano solo gli aspiranti alla professione, ma anche il personale già in servizio, che non ne può più per lo stress e si dimette. Lo stress è aggravato, recentemente, anche dal fenomeno delle violenze sul personale, causate da più fattori: l'esasperazione dei pazienti e dei familiari per le lunghe attese, ma contribuiscono anche gli atteggiamenti aggressivi ben presenti nei programmi televisivi e nei social media (per non parlare di certe autorità politiche internazionali), che alimentano un clima di tensione e mancanza di rispetto.

red In questo quadro preoccupante, le misure del Pnrr, voluto dall'Europa e mal digerito dall'attuale governo e da Regione Lombardia, rappresenta uno spiraglio di luce.

red Case della comunità, ospedali di comunità, infermieri di famiglia e comunità, sono misure che valorizzano il ruolo del personale infermieristico, richiedono specifici percorsi formativi che ne arricchiscono la professionalità e aprono opportunità per la carriera professionale. Perché questo accada sono necessari, oltre a miglioramenti del trattamento economico, anche un ampliamento degli organici, senza il quale i turni resterebbero pesantissimi e si andrebbe incontro a rischi di ulteriore impoverimento di personale in contesti come le Rsa.
Un altro fattore di cambiamento positivo è il superamento dell'immagine dell'infermiera (donna, soprattutto) come segretaria, esecutrice delle direttive del medico. In realtà il percorso della cura e dell'assistenza richiede specializzazioni e ruoli diversi, che a loro volta hanno come condizione necessaria nuovi percorsi formativi universitari.

red Il futuro prospettato dal Pnrr prevede che a fianco della diagnosi (personale medico) ci sia bisogno di più assistenza e aiuto nell'adesione alle cure, attività che richiedono maggior presenza del personale infermieristico.
Qui in Lombardia la strada è ancora in salita: anni e anni di una sanità centrata sui ricoveri ospedalieri rende difficile l'avvio delle innovazioni; ancora stiamo aspettando che gli ospedali di comunità (tranne eccezioni) inizino ad operare e così le case di comunità. Servono le inaugurazioni vere, non quelle di parata cui abbiamo assistito mentre ancora non erano pronti i muri e mancava il personale.

Orazio Amboni
Dal periodico "Spi-Insieme"
Bergamo, maggio 2025